Editor e correttore di bozze, che differenza c'è?
- ramona.dibella

- 11 ott
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 12 ott
Ammettiamolo, le espressioni editor e correttore di bozze creano più confusione di una libreria con gli scaffali etichettati male. Eppure c'è una bella differenza.
Qualche tempo fa un autore mi ha scritto dicendo: «Ho bisogno di un editor per sistemare un po’ di virgole e refusi prima di mandare il romanzo in stampa». Ecco, quello non era un lavoro da editor. O meglio, non solo. Quella richiesta conteneva già in sé tutta la confusione che circonda queste due figure professionali. Perché sì, entrambi lavorano sui testi, ma in momenti diversi e con obiettivi completamente differenti.
Ho già raccontato in dettaglio Cosa fa un editor. In questo articolo, invece, entriamo nel vivo del confronto partendo da una semplice domanda: editor e correttore di bozze, che differenza c'è?
L'editor entra in gioco quando il testo è ancora aperto.
Il suo compito è guardare l'insieme: trama, ritmo, personaggi, coerenza narrativa. Non riscrive al posto dell'autore, ma lavora con lui per rendere il libro più solido e scorrevole.
Quando un manoscritto arriva sulla scrivania di un editor, la prima lettura è sempre particolare, perché si legge come lettore, non come tecnico. Ci si lascia trasportare dalla storia, si annotano le emozioni, i punti in cui l'attenzione cala, i momenti in cui invece non si riesce a staccare gli occhi dalla pagina. Solo dopo arriva l'analisi vera e propria.
L'editing si divide in diverse fasi, anche se spesso si sovrappongono. C'è il macroediting, che lavora sull'architettura del libro: la trama regge? I capitoli sono nell'ordine giusto? Il finale è all'altezza della premessa? E poi c'è l'editing base, che entra nel dettaglio della scrittura: il tono è coerente? Ci sono ripetizioni? Il dialogo suona naturale?
Si tratta di un lavoro di analisi e confronto costante. A volte basta spostare un capitolo perché tutto funzioni meglio, altre volte si discute a lungo su una frase. È un processo creativo e condiviso, che mira a dare al testo la sua voce più autentica.
Ma facciamo un esempio: in un romanzo che ho seguito, il protagonista prendeva una decisione cruciale al capitolo 15. Il problema? Non c'erano abbastanza elementi per renderla credibile. Il lettore si sarebbe trovato spiazzato, avrebbe pensato "ma da dove salta fuori questa scelta?". Così abbiamo lavorato sui capitoli precedenti, inserendo piccoli dettagli, dubbi, conversazioni che preparassero il terreno. E improvvisamente quella scelta aveva senso. E sì, capita anche di arrivare a sera con la sensazione di aver parlato più con i personaggi di un romanzo che con esseri umani reali.
Il correttore di bozze entra più tardi, quando la struttura è già definita.
Si concentra sui dettagli, come i refusi, la punteggiatura, l'uso delle maiuscole e l'uniformità grafica. È un lavoro silenzioso e meticoloso, che richiede occhio allenato e pazienza.
Il suo obiettivo non è cambiare il testo, ma renderlo pulito e leggibile, pronto per la stampa. Mentre l'editor ragiona per capitoli e scene, il correttore di bozze ragiona per righe e parole. Nota se hai usato é al posto di è, se hai messo uno spazio di troppo dopo un punto, se hai scritto un po' con l'accento (spoiler: non ci va).
Ma non è solo questione di errori ortografici. Il correttore vigila anche sull'uniformità: se a pagina 20 hai scritto dott. e a pagina 150 dott senza punto, sarà lui a segnalarlo. Se un personaggio si chiama Anna con due n per tutto il libro e improvvisamente diventa Ana per tre pagine, lo noterà. Sono dettagli che al lettore comune potrebbero sfuggire in una lettura fluida, ma che emergerebbero come sassolini nella scarpa se nessuno li correggesse.
In genere la correzione non avviene una sola volta, ma in due passaggi distinti, chiamati in gergo giri di bozze. Nel primo si eliminano gli errori più evidenti: refusi, spaziature, uniformità di base. Nel secondo si verifica che tutto sia davvero a posto, che le correzioni del primo giro non abbiano creato nuovi problemi e che nulla sia sfuggito. È un ultimo controllo prima che il libro vada in stampa, quello definitivo.
E fidatevi, i refusi hanno un talento speciale per nascondersi fino all'ultima bozza. C'è sempre quella virgola che non dovrebbe esserci, quel qualcosa scritto qualocsa che ti fissa innocente dalla pagina mentre tu giuri di averlo controllato diciassette volte. Per questo i correttori di bozze sviluppano una sorta di sesto senso: sanno dove guardare e quali sono i punti in cui gli errori amano annidarsi. Solo dopo anni di esperienza, l'occhio è finalmente allenato a vedere quello che gli altri non vedono.
Facciamo un esempio concreto e prendiamo un giallo.
L'editor lavora per rendere la trama credibile: controlla che gli indizi siano distribuiti in modo coerente e che il colpevole non compaia solo nell'ultima pagina come un fulmine a ciel sereno. Verifica che la timeline degli eventi regga, che l'alibi del sospettato numero tre non faccia acqua, che il movente del delitto sia abbastanza forte da giustificare un omicidio.
Magari nota che l'indizio fondamentale – quel biglietto trovato nella tasca della vittima – viene menzionato una sola volta e poi dimenticato per centocinquanta pagine. Oppure si accorge che l'investigatore sembra sapere cose che non avrebbe modo di sapere, creando un buco logico che spezzerebbe la sospensione dell'incredulità.
Il correttore di bozze, invece, si assicura che i nomi degli investigatori non cambino ortografia a metà del libro (non sia mai che il commissario Bernardi diventi Berardi in un capitolo e Benrardi nell'altro), che la scena del crimine sia sempre descritta allo stesso modo, che non ti ritrovi con un capitolo 12 dopo l'8 perché qualcuno ha sbagliato la numerazione.
Controlla anche i dettagli più minuti: se il morto indossa una cravatta blu quando viene trovato, quella cravatta non può diventare rossa due capitoli dopo senza una spiegazione.
Insomma, due livelli diversi di intervento, entrambi indispensabili per non rompere la magia della lettura.
Quando serve l'uno e quando l'altro?
Questa è la domanda che mi fanno più spesso gli autori, soprattutto quelli al primo libro. La risposta è semplice: quasi sempre servono entrambi, ma in momenti diversi.
Se hai appena finito la prima stesura del tuo romanzo, quella in cui hai messo nero su bianco la storia che ti frullava in testa da mesi, quello che ti serve è un editor. Il testo è ancora caldo, malleabile, aperto alle modifiche. È il momento di guardare se la struttura funziona, se i personaggi sono credibili, se il ritmo tiene.
Solo dopo, quando hai finito di sistemare capitoli, scene, dialoghi (quando il libro ha trovato la sua forma definitiva per intenderci) arriva il momento della correzione di bozze. A quel punto non si cambia più nulla di sostanziale: si lima, si lucida, si rende tutto impeccabile.
Un errore comune è saltare l'editing e andare direttamente alla correzione di bozze. Il risultato? Un libro grammaticalmente perfetto ma con problemi strutturali che nessuna virgola al posto giusto potrà risolvere. È come mettere la resina su un muro con le crepe: nasconde il problema, non lo risolve.
L'altro errore, meno frequente ma altrettanto insidioso, è voler correggere ogni virgola mentre si è ancora in fase di editing. Significa perdere tempo su frasi che magari verranno riscritte o eliminate del tutto. D’altronde prima si sistema la casa, poi si puliscono i pavimenti.
Perché è importante saperlo?
Capire la differenza tra editor e correttore di bozze è fondamentale, soprattutto se stai scrivendo un libro e vuoi pubblicarlo. Sapere chi fa cosa ti permette di scegliere il professionista giusto al momento giusto, di investire il tuo budget in modo intelligente, di non trovarti deluso perché ti aspettavi un servizio e ne hai ricevuto un altro.
D'altronde un libro non nasce già perfetto: cresce, si modella, si affina. È un processo che richiede tempo, pazienza e spesso l'intervento di più professionisti. E l'editor e il correttore di bozze sono due personaggi fondamentali di questo percorso silenzioso.
Se stai per pubblicare il tuo primo romanzo, il mio consiglio è questo: non avere fretta. Prenditi il tempo per lavorare bene su ogni fase. Meglio aspettare qualche mese in più e pubblicare un libro solido, che bruciare le tappe e pentirtene dopo.
E se non sai da dove cominciare, inizia dall'editing. Un buon editor saprà dirti anche se e quando il tuo libro sarà pronto per la correzione di bozze. A volte serve un solo giro di editing, altre volte anche più di uno. Non c'è una regola fissa: ogni libro è un mondo a sé.
Alla fine resta la voce dell'autore, limpida e riconoscibile, senza ostacoli né stonature. E forse è proprio questa la magia: accompagnare un testo fino al momento in cui non ha più bisogno di noi. Quando l'autore può guardare il suo libro finito e riconoscersi completamente, quando ogni parola suona giusta e necessaria. Quello è il momento in cui il lavoro è davvero compiuto.

Ramona Di Bella
Mi occupo di narrativa e saggistica per case editrici come La nave di Teseo, Solferino, Mondadori, Edizioni EL e Carocci, ma anche della traduzione e della revisione delle guide Lonely Planet.
Negli anni ho avuto modo di seguire progetti diversi, dalla narrativa contemporanea ai saggi più tecnici, fino all’editoria di viaggio. Prima di intraprendere la libera professione, ho lavorato a lungo in Minerva Medica.
Lavoro con case editrici, autori e professionisti, affiancandoli in ogni fase del percorso editoriale.

Commenti