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Cosa fa un editor?

  • Immagine del redattore: ramona.dibella
    ramona.dibella
  • 19 set
  • Tempo di lettura: 4 min

La prima volta che ho detto a mia nonna che volevo fare l’editor mi ha guardata con aria perplessa. Non la biasimo: il mondo dei libri è pieno di figure silenziose e non sempre è chiaro chi faccia cosa. Così ho provato a spiegarle. Qualche mese dopo, però, una zia mi ha chiesto: «Quindi, lavori in tipografia?». In quel momento ho capito che dovevo trovare un modo migliore per descrivere il mio lavoro.

Da allora ne è passata di strada! Oggi lavoro come editor e traduttrice freelance e dopo anni passati tra romanzi, saggi, manuali e guide ho imparato che spiegare cos’è l’editing è quasi parte del mestiere.

 

Ma quindi, cosa fa un editor?

 

Domanda legittima.

Cosa fa esattamente? Taglia? Riscrive? Impone le sue idee all'autore? Non proprio.

Un editor è importante perché aiuta un testo a diventare leggibile, coerente e convincente. Non è un “nemico dell’autore”, ma un alleato: vede dall’esterno quello che chi scrive spesso non nota più. Un buon editing può trasformare un manoscritto promettente in un libro che scorre senza intoppi, che tiene insieme la trama, che fa brillare la voce dell’autore senza snaturarla.

Il lavoro è molto più articolato di così, perché è fatto di ascolto, pazienza e di tante riletture che non finiscono mai al primo giro. Per spiegarvelo meglio, preferisco portarvi dietro le quinte del mio lavoro e raccontarvi passo dopo passo come mi muovo quando arriva un nuovo testo da editare.

 

Inizio sempre leggendo.

 

Non una lettura qualsiasi, ma un’analisi dei primi capitoli, della sinossi e del testo in generale per individuare i punti forti e le criticità: un personaggio che sparisce troppo presto, una trama che non regge, un ritmo che si inceppa. Di solito in questa fase mi armo di occhiali e agendina (strumenti base per la mia sopravvivenza) e prendo appunti, segno passaggi chiave, evidenzio gli aspetti che meritano di essere valorizzati e alla fine preparo un feedback chiaro e dettagliato, dove spiego all’autore cosa funziona e quali sono le strade per migliorare il libro.

 

Mi confronto con l’autore.

 

Dopo la prima analisi, arriva il momento più delicato: parlarne con l’autore. Non significa emettere un verdetto, ma aprire un dialogo. Alcuni suggerimenti sono tecnici, altri toccano lo stile, e spiegarli bene è fondamentale perché diventino parte di un processo condiviso. Senza confronto, l’editing non esiste. E sì, serve sempre un po’ di tatto: entrare in un libro non è mai semplice perché è un po’ come bussare a casa d’altri.

 

Metto ordine dove serve.

 

Quando l’autore approva la direzione da seguire, inizio a mettere mano al manoscritto. La prima operazione è banale ma cruciale: dare ordine al testo. Non è solo estetica, ma una vera pulizia che aiuta a vedere meglio tutto il resto. Capitoli allineati, spazi coerenti, font normalizzati. È il punto di partenza per affrontare il resto del lavoro, e confesso che provo una soddisfazione smisurata quando un file, inizialmente pieno di doppi spazi e font improbabili, diventa finalmente leggibile. Piccole gioie da editor.

 

Sciolgo i nodi.

 

Qui comincia la parte più corposa. Analizzo ogni passaggio, metto in evidenza incoerenze, segnalo i punti che rallentano il ritmo del testo. Può trattarsi di un dialogo che non suona, di una scena fuori posto o di una descrizione che soffoca la trama. Non è mai un semplice “tagliare”: è capire cosa valorizzare e cosa ridimensionare. A volte basta spostare un capitolo e il libro respira di nuovo. Altre volte bisogna lavorare sul tono o sulla voce dei personaggi. Non esiste una formula magica (e se esistesse, la venderei in confezione da dieci insieme agli evidenziatori).

 

Propongo, ascolto, correggo.

 

Man mano che i capitoli prendono forma, condivido le modifiche con l’autore. Ci confrontiamo, discutiamo alternative, valutiamo cosa funziona davvero. A volte le risposte arrivano subito, altre volte richiedono tempo: normale, perché un libro è un territorio personale, e lasciar entrare qualcuno significa fidarsi. È proprio in questo scambio che l’editing prende vita. E sì, capita di ritrovarmi a discutere su un avverbio o una sfumatura di tono: non il massimo come argomento da portare a cena, ma indispensabile per dare al testo la voce giusta.

 

Il libro, non l’editor.

 

Dopo l’editing, il testo non è ancora pronto per la libreria. Deve passare dall’impaginazione, che gli dà la sua veste definitiva, e dalla correzione di bozze, che elimina gli ultimi refusi. È un percorso fatto di mani diverse, ciascuna con il proprio compito.

Quando il libro arriva al lettore, però, tutto questo lavoro scompare. Nessuno si chiede chi abbia sistemato un passaggio o sciolto un nodo narrativo.

L’editing non si vede mai, ed è proprio questo il bello: resta dietro le quinte. Le discussioni sulle virgole, i “però” tagliati, i capitoli spostati… tutto svanisce, e rimane solo la soddisfazione di sapere di aver contribuito alla pubblicazione di quel libro che ora ti guarda dallo scaffale ogni volta che entri in libreria.







Ramona Di Bella

Ramona Di Bella

Mi occupo di narrativa e saggistica per case editrici come La nave di Teseo, Solferino, Mondadori, Edizioni EL e Carocci, ma anche della traduzione e della revisione delle guide Lonely Planet.

Negli anni ho avuto modo di seguire progetti diversi, dalla narrativa contemporanea ai saggi più tecnici, fino all’editoria di viaggio. Prima di intraprendere la libera professione, ho lavorato a lungo in Minerva Medica.

Lavoro con case editrici, autori e professionisti, affiancandoli in ogni fase del percorso editoriale.

 
 
 

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