Perché esistono diversi tipi di traduzione?
- ramona.dibella

- 18 ott
- Tempo di lettura: 9 min
Oggi a Torino il cielo è grigio. È uno di quei giorni dove l'unica cosa che vorresti fare è preparare una tisana calda e poi poltrire tutto il giorno. Eppure eccomi qui, tazza fumante in mano e io seduta sul divano a fissare le istruzioni di montaggio del mobile cantinetta che ho comprato la settimana scorsa. Ho voglia di montarlo? Proprio no! Ma sono determinata ad aprire il manuale perché non me la sento di affrontare un'altra settimana con lo scatolone in mezzo al corridoio, e poi perché sono curiosa. Comunque, senza divagare troppo, mi imbatto in questa perla: "Inserire la vite nel buco preparato con delicatezza fino a quando non sentirete un click soddisfacente. Attenzione: non forzare troppo forte o il legno potrebbe danneggiarsi permanentemente."
Ora, a parte il fatto che "buco preparato" suona malissimo e "click soddisfacente" è pure peggio, ma il vero problema è che non ho capito se devo avvitare fino in fondo o fermarmi prima. E poi "forzare troppo forte"? Davvero? Ecco, questo è esattamente quello che succede quando si traduce male. Non è solo una questione di italiano approssimativo, che pure è fastidioso, ma di comunicazione inefficace. Perché alla fine io questa cantinetta la devo montare, e se le istruzioni non sono chiare rischio di combinare un disastro.
A questo punto probabilmente ti starai chiedendo perché ti ho raccontato tutto questo, e non me la sento di darti torto. Della mia mattina non te ne frega nulla, al massimo ti starai chiedendo che tipo di cantinetta ho comprato. Il punto, però, è un altro: tradurre richiede competenze diverse a seconda del tipo di testo che hai davanti.
Infatti, cos'hanno in comune un foglietto illustrativo, un romanzo di García Márquez e un manuale d'istruzioni? Praticamente nulla: pubblico diverso, scopo diverso, registro diverso. Ed è esattamente per questo che tradurre non è mai solo una questione di lingue. Ogni testo richiede competenze tecniche e sensibilità specifiche. Non esiste la traduzione al singolare, ma tanti tipi di traduzione, ciascuno con regole e sfide proprie. Vediamo insieme qualche esempio.
Traduzione letteraria: dare voce a uno stile
La traduzione letteraria è quella che riguarda romanzi, racconti e poesie. Qui l'obiettivo non è solo "dire la stessa cosa" in italiano, ma rendere lo stile e la voce dell'autore.
Prendiamo uno dei miei libri preferiti, Cent'anni di solitudine. La frase iniziale è diventata iconica anche in italiano, ma dietro c'è un lavoro enorme di ritmo e scelte lessicali, segno che non basta tradurre le parole, ma bisogna restituire il senso e la musicalità del testo.
Lo stesso vale per la traduzione recente dei libri del Signore degli anelli o di Harry Potter, che hanno acceso discussioni animate su nomi, toponimi e stile. In effetti, molti fan hanno assistito a quella che è a tutti gli effetti una "riscrittura" della vecchia traduzione italiana. C'è da dire però, che negli ultimi anni anche le tecniche di traduzione letteraria hanno subito un cambiamento quasi radicale. Se in passato, infatti, si tendeva ad "aiutare" il lettore verso la comprensione del testo, a discapito di peculiarità locali e culturali, oggi la tendenza va verso la direzione opposta. Ecco perché tradurre nuovamente alcune opere deve essere interpretato come un valore aggiunto, come un giuramento di fedeltà alla penna dello scrittore e al contesto culturale in cui si inserisce.
Traduzione turistica: raccontare un luogo
Qui si apre un mondo che unisce informazione pratica, evocazione e sensibilità culturale. Guide turistiche, materiali promozionali, descrizioni di hotel e attrazioni: tutto quello che serve a far sognare un viaggio e poi renderlo possibile.
Lavorando alle guide Lonely Planet, ho capito che la traduzione turistica è un equilibrio delicato. Da una parte ci sono informazioni pratiche che devono essere precise e chiare: orari, prezzi, indicazioni stradali. Dall'altra c'è la parte descrittiva, che deve mantenere quel tono evocativo che fa venire voglia di partire subito, ma senza suonare posticcia o esagerata in italiano.
Facciamo un esempio: in inglese è comune trovare aggettivi come stunning, breathtaking, amazing praticamente ovunque. Se traducessi ogni amazing Italian restaurant con "ristorante italiano straordinario", suonerebbe non solo ampolloso, ma anche poco credibile. Perché poi la domanda è: in una guida tradotta in italiano e destinata a lettori italiani, davvero quel posto sarà così straordinario per noi? O si tratta di un “ristorante italiano” all’americana che serve la carbonara con la panna? Ecco perché è necessario trovare un equilibrio, ridimensionare un po’ l’entusiasmo anglofono e restituirlo in una forma naturale e adatta al pubblico di riferimento.
E poi ci sono le sfide culturali della traduzione turistica: come spieghi a un lettore italiano le usanze di un Paese lontano senza risultare didascalica? Come traduci nomi di piatti locali mantenendo sia il termine originale che una descrizione comprensibile? È un lavoro che richiede ricerca, sensibilità e una buona dose di curiosità per i luoghi di cui tratti.
Traduzione tecnica: precisione sopra ogni cosa
Qui si cambia completamente musica. Se nella traduzione letteraria puoi permetterti una certa libertà interpretativa, nella traduzione tecnica ogni termine deve essere quello giusto, punto. Stiamo parlando di manuali d'uso, documentazione industriale, schede tecniche – insomma, tutto ciò che se tradotto male può causare danni reali.
Immagina di dover tradurre le istruzioni di montaggio di un macchinario industriale: se confondi "vite" con "bullone" o sbagli un'unità di misura, nel migliore dei casi qualcuno passa un pomeriggio a smontare e rimontare tutto. Nel peggiore... beh, meglio non pensarci.
La sfida della traduzione tecnica sta nel conoscere la terminologia specifica del settore e mantenersi costantemente aggiornati. Spesso si lavora a stretto contatto con ingegneri e tecnici per chiarire dubbi su processi e componenti. Non è raro creare glossari personalizzati per ogni cliente, con centinaia di termini catalogati e verificati. Col tempo, un traduttore tecnico diventa quasi un esperto del campo in cui lavora, accumulando una conoscenza settoriale che va ben oltre la semplice competenza linguistica. Per gestire questa complessità terminologica, i traduttori tecnici utilizzano strumenti professionali chiamati CAT (Computer-Assisted Translation) tools, software come Trados, MemoQ o Wordfast che permettono di creare e gestire memorie di traduzione e glossari specializzati, garantendo coerenza terminologica anche in progetti di migliaia di pagine.
Traduzione medico-farmaceutica: sbagliare non è un'opzione
Affine alla traduzione tecnica, ma con una dose extra di responsabilità, c'è la traduzione medico-farmaceutica. Foglietti illustrativi, referti clinici, studi scientifici: tutto materiale dove un errore può avere conseguenze serie sulla salute delle persone.
Un esempio molto frequente è la parola history. In inglese comune significa semplicemente “storia”. In un referto medico, però, medical history non va tradotto come “storia medica”, che suona impreciso e poco professionale, ma come “anamnesi clinica”. È un dettaglio terminologico, certo, ma fa tutta la differenza: per il medico rappresenta la raccolta completa delle informazioni sul paziente, e per il traduttore è la prova che senza conoscenza del linguaggio settoriale si rischiano fraintendimenti grossolani.
Durante i miei quattro anni in Minerva Medica, casa editrice specializzata in pubblicazioni medico-scientifiche, ho imparato che non basta essere bravi traduttori: serve anche una conoscenza approfondita della terminologia, delle normative del settore e, soprattutto, la capacità di consultare continuamente database specializzati e letteratura scientifica aggiornata. Anche in questo campo i CAT tools si rivelano indispensabili per mantenere la coerenza terminologica, specialmente quando si lavora su studi clinici o documentazione farmaceutica dove lo stesso termine tecnico deve essere tradotto sempre nello stesso modo. E no, Google Translate non è tuo amico in questo caso (in realtà non lo è mai, ma qui ancora meno).
Traduzione giuridica: questione di virgole
Se pensi che la traduzione medica sia delicata, aspetta di sentire quella giuridica. Contratti, sentenze, atti notarili – documenti dove ogni virgola può cambiare il significato di una clausola e, di conseguenza, i diritti e i doveri delle parti coinvolte.
Un esempio classico di traduzione giuridica? Il termine inglese consideration in un contratto non significa "considerazione" ma "corrispettivo", cioè quello che ciascuna parte dà all'altra per rendere valido il contratto. E non è l’unico caso: pensiamo a sentence, che in inglese comune è una “frase”, ma in tribunale è una “sentenza”. Sono tranelli in cui è facile cadere se non si conosce il gergo giuridico, e le conseguenze possono essere molto più costose di un semplice refuso.
La difficoltà aumenta quando si ha a che fare con sistemi giuridici diversi. Il common law anglosassone e il civil law italiano funzionano con logiche e terminologie differenti. Un contratto americano tradotto per l'Italia deve tenere conto di queste differenze strutturali, altrimenti rischia di essere inapplicabile o, peggio, di creare ambiguità interpretative. Per questo molti traduttori giuridici hanno anche una formazione in diritto, collaborano strettamente con avvocati e notai, o si affidano a memorie di traduzione che raccolgono anni di clausole standardizzate e formulazioni legali validate.
Traduzione audiovisiva: quando il tempo è tiranno
Film, serie TV, documentari: qui la traduzione audiovisiva deve fare i conti con vincoli che negli altri ambiti non esistono. Nel doppiaggio, per esempio, le battute devono corrispondere al movimento delle labbra degli attori (il famoso lip sync). Nei sottotitoli, invece, devi condensare il messaggio in poche battute che stiano sullo schermo e che le persone riescano a leggere in tempo. I sottotitoli infatti hanno limiti precisi di caratteri e di tempo di permanenza sullo schermo. Per questo motivo è un continuo esercizio di sintesi.
Mettiamo che un personaggio dica: "I can't believe you actually thought that was a good idea!". Sono 11 parole che in italiano diventerebbero almeno 13: "Non posso credere che tu abbia davvero pensato che fosse una buona idea!". In un sottotitolo devi sintetizzare, per cui alla fine verrà fuori qualcosa tipo "Non ci credo che pensavi fosse una buona idea!", perdendo un po' di enfasi ma guadagnando in leggibilità.
Traduzione commerciale e marketing: vendere in un'altra lingua
Qui entriamo nel campo più creativo dopo quello letterario. La traduzione commerciale e di marketing non significa solo trasporre parole da un sito web, una campagna pubblicitaria o una brochure aziendale, ma adattare il messaggio alla cultura di destinazione.
Ricordi lo slogan Think Different di Apple? In italiano è rimasto tale e quale, perché funzionava. Ma non sempre è così semplice. Quando KFC è arrivato in Cina negli anni '80, il loro celebre slogan Finger-lickin' good fu tradotto letteralmente come "Mangiati le dita" – non esattamente il messaggio che vuoi mandare ai tuoi clienti. O pensa a quando Pepsi lanciò lo slogan Come alive with Pepsi, in Cina fu tradotto come "Pepsi riporta in vita i tuoi antenati". Ecco, questi sono i classici casi in cui serve la transcreazione, non la traduzione.
Si tratta di un processo a metà strada tra la traduzione e il copywriting: devi mantenere l'effetto del messaggio originale, ma devi anche reinventarlo completamente per la cultura di arrivo. Non traduci parola per parola, ma ricrei l'emozione, l'impatto, il tone of voice del brand. A volte significa cambiare completamente lo slogan, altre volte adattare riferimenti culturali, giochi di parole o metafore che nel Paese di destinazione non funzionerebbero. È un lavoro che richiede creatività linguistica e una profonda conoscenza delle sensibilità culturali del target.
Traduzione di videogiochi: tra testi, dialoghi e scelte culturali
La traduzione dei videogiochi non è solo questione di sottotitoli o interfacce, ma un mix di linguaggio tecnico, narrativo e creativo. Dentro lo stesso gioco puoi trovare di tutto: istruzioni, menu, termini informatici, dialoghi dei personaggi e perfino giochi di parole che devono restare divertenti anche in un’altra lingua.
E non è solo questione di linguaggio: ci sono anche aspetti culturali e legali da considerare. Nei paesi arabi, ad esempio, alcuni contenuti non possono essere inseriti per motivi religiosi o normativi; in Asia, invece, si privilegiano grafiche molto colorate e stili visivi che spesso vanno adattati al gusto europeo. Insomma, localizzare un videogioco significa riscriverlo per un pubblico diverso, rispettandone sensibilità e aspettative.
È un lavoro di squadra che coinvolge traduttori, grafici, doppiatori e sviluppatori, e in cui l’errore non passa inosservato: basta un titolo tradotto male o una battuta fuori posto per scatenare le ire dei gamer sui forum. Perché se c’è una cosa che gli appassionati notano subito, è quando un mondo virtuale non funziona più a causa di una traduzione approssimativa.
Ma quindi, perché esistono diversi tipi di traduzione?
Come vedi, la risposta a questa domanda è semplice: non esiste una traduzione migliore o peggiore in assoluto. Esiste quella più adatta al testo, al pubblico e allo scopo. Un manuale tecnico tradotto con lo stile di un romanzo sarebbe un disastro, così come un romanzo tradotto con l'aridità di un foglietto illustrativo perderebbe tutta la sua anima.
Il mestiere del traduttore è proprio questo, saper riconoscere che tipo di testo si ha davanti e applicare le competenze e le tecniche giuste. Non basta conoscere le lingue, serve sensibilità, cultura, specializzazione e, diciamolo, anche un pizzico di umiltà per ammettere quando un testo richiede conoscenze che non abbiamo e magari serve coinvolgere un collega più esperto in quel campo.
Insomma, la prossima volta che sentirai qualcuno dire «tanto basta Google Translate», sorridi e pensa a tutto quello che c'è davvero dietro una buona traduzione.

Ramona Di Bella
Mi occupo di narrativa e saggistica per case editrici come La nave di Teseo, Solferino, Mondadori, Edizioni EL e Carocci, ma anche della traduzione e della revisione delle guide Lonely Planet.
Negli anni ho avuto modo di seguire progetti diversi, dalla narrativa contemporanea ai saggi più tecnici, fino all’editoria di viaggio. Prima di intraprendere la libera professione, ho lavorato a lungo in Minerva Medica.
Lavoro con case editrici, autori e professionisti, affiancandoli in ogni fase del percorso editoriale.



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